Torre, venti anni anni fa moriva don Giuseppe Mainardi – il settimanale della Diocesi di San Miniato LA DOMENICA ricorda il priore attraverso le parole della scrittrice Rosa Di Benedetto Odazio

TORRE, VENTI ANNI FA MORIVA
DON GIUSEPPE MAINARDI

il settimanale della diocesi di San Miniato
 “LA DOMENICA” ricorda il priore attraverso
le parole della scrittrice
Rosa Di Benedetto Odazio

 

In occasione del 20° anniversario della morte del Priore storico di S. Gregorio alla Torre, don Giuseppe Mainardi, pubblichiamo il testo di Rosa Di Benedetto Odazio (Lecco), la quale – commentando il libro dal titolo «Al tempo del Priore Don Giuseppe Mainardi. Immagini e cronache da San Gregorio alla Torre», scritto da Francesco Campigli nel 2011 – ripercorre le tappe principali del lungo ministero sacerdotale del Priore di Torre. La Odazio ha tenuto nella chiesa di San Gregorio Magno – durante i festeggiamenti del Millenario 1018- 2018 – una conferenza sul poeta Enzo Fabiani (nato a Torre nel 1924), presentando il suo saggio con il quale ha ottenuto un importante riconoscimento al Concorso letterario del Casentino. A Torre la dottoressa Odazio ha avuto modo di “accostarsi” alla figura di Don Mainardi, tanto da scrivere un lungo articolo che ci ha inviato per questa ricorrenza e di cui pubblichiamo alcuni brani. La Odazio sta studiando i giornalini parrocchiali (dagli anni ’70 agli anni ’90) e in particolare gli scritti del Priore, cui dedicherà prossimamente un saggio per far emergere anche le peculiarità dello stile di don Mainardi e la profondità dei contenuti da lui affrontati attraverso il bollettino parrocchiale. Si tratta, dunque, della terza pubblicazione dedicata al Priore di Torre: il primo libro fu scritto nel 1999 da Mario Catastini; il secondo nel 2011 da Campigli.

 

Il bel titolo scelto da Francesco Campigli per la sua ampia e complessa ricerca delinea una sintesi efficacissima delle molteplici tematiche esposte, che si intrecciano con la sentita rievocazione del Priore don Giuseppe Mainardi, parroco per sessant’anni della chiesa di Torre, frazione collinare di Fucecchio. Si tratta di uno studio condotto a più livelli: sul piano biografico, nei confronti di don Mainardi; su quello dell’analisi socioculturale di Torre – dagli anni ’30 a fine secolo – e dei torrigiani, seguiti nel loro rapporto con il Priore, con la chiesa e con l’osservanza religiosa, considerata anche negli aspetti della devozione popolare per il Santo Patrono e il culto mariano, lungo i decenni pre e post conciliari. Trattati in profondità e sapientemente collegati, gli argomenti si sgranano l’uno dall’altro e riguardano: la storia dell’edificio religioso, già restaurato nel corso degli anni ‘30, distrutto nel 1944 dal crollo del campanile minato dai tedeschi, fatto ricostruire e inaugurato nel 1947 dal Priore e via via da lui abbellito sia a proprie spese sia grazie ai contributi istituzionali e alle offerte di parrocchiani e amici; le consuetudini della comunità, ripercorsa nel suo vissuto rurale e nelle manifestazioni di fede, che risentono, dagli anni sessanta in poi, della “crisi del sacro”, con conseguenze significative sui comportamenti e sulla concezione esistenziale. Don Mainardi fu designato Priore di Torre nel 1937. Assistito dalla madre, Ada Bonsignori, che gli fu vicina fino alla propria morte, dimostrò sempre una vocazione pastorale altamente consapevole del proprio apostolato, ancorata agli insegnamenti di Cristo («Il sacerdote è un altro Cristo») e improntata all’operosità a favore della chiesa e verso la comunità, in rapporto costante con la diocesi e coinvolgendo, secondo i dettami del Concilio Vaticano II, anche i fedeli nella vita ecclesiale. Campigli segue minutamente le vicende della Prioria collegandole, dove occorra, al contesto nazionale e ad accuratissime documentazioni: articoli di stampa locale, testimonianze di parrocchiani, apparati fotografici e opportune citazioni da saggi e da fonti archivistiche. Narra con animo di credente, ma con spirito di cronista l’obiettività dei fatti, illustrando le tante iniziative e realizzazioni di don Mainardi, tra le quali l’asilo, la scuola materna, la sala cinematografica e teatrale, la “riqualificazione” della chiesa parrocchiale, i gruppi di catechismo e di preghiera, la costruzione a Faisalabad, in Pakistan, della chiesa intitolata a San Gregorio, l’impegno verso le missioni e il giornalino della parrocchia, su cui fino all’ultimo il sacerdote – fiaccato nel fisico dalla malattia ma non nella determinazione – continua a comunicare dalla propria rubrica («Il Pulpito del Priore») anche con i torrigiani andati altrove. Coinvolti sul piano umano, culturale, sociale e narrativo, il testo si legge con grandissimo interesse, seguendo nel susseguirsi degli anni la figura di don Mainardi, vivissima nella sua costruttiva operosità e nella tensione comunicativa del suo “farsi prossimo” nell’essenza della Parola. Ma si viene anche portati a riflessioni profonde, toccando l’autore con grande sensibilità il senso dell’identità sacerdotale, e a uno sguardo interiore, chiedendoci il come e il perché della nostra fede, o della nostra ricerca, o della nostra distanza. Al tempo del Priore Don Giuseppe Mainardi sembra evocare un’epoca assai più remota di quanto in effetti sia e ci riporta, insieme, alla dimensione evangelica, evocando l’espressione “In quel tempo”: è questo, pensiamo, un effetto della solennità con cui la figura di don Mainardi, “costruttore di chiese e di comunità di fede”, viene rivissuta attraverso le pagine di Campigli. In primo piano Torre e i suoi abitanti nell’arco quasi dell’intero ‘900; la sua chiesa e il suo Priore, ma anche la vita di una comunità i cui fedeli pagavano con le offerte del grano raccolto la statua del Patrono e si attivavano con opere manuali gratuite per la sistemazione della chiesa, arricchita da sacri arredi offerti da amici e artisti: tra questi il crocifisso ligneo in stile trecentesco senese realizzato ad Albisola, dono del grande poeta Enzo Fabiani, senza dimenticare le opere di abbellimento progettate dall’artista Arturo Carmassi: l’altare, la porta centrale e quelle laterali, il tabernacolo, la Croce senza il Cristo. In conclusione: non solamente un libro di conoscenze sulla vita e sul “tempo del Priore Don Giuseppe Mainardi”, ma la vitalità, il temperamento e il carisma di una figura sacerdotale che si dona in tutta la sua integrità, fin dall’inizio, e di cui sentiamo nel profondo l’“eredità spirituale”: “l’amore per il prossimo”, “la carità”. Come se ancora ascoltassimo la sua domanda: «Pregare è tanto difficile?», e la sua preghiera: di «compiere il bene durante il lungo cammino della vita ed amare il prossimo». Una ricerca storica sì, ma più ancora: la testimonianza di una dedizione totale e un messaggio di amore portato fino a noi (un soffio dello Spirito?), che cuore aperto l’accogliamo.

Rosa Di Benedetto Odazio

 

Articolo tratto dal settimanale della diocesi di San Miniato
 “LA DOMENICA” del 16/06/2019

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